Da
alcuni anni si replica due volte l’anno questa grande iniziativa romana a base
di vini degustabili previo pagamento di un biglietto non proprio irrisorio.
Quest’anno entrare costava 16 euro durante la settimana e 20 nei weekend: con i
biglietto si aveva diritto a 10 degustazioni di vini dai banchi di assaggio e
qualche workshop gratuito. Francamente direi che si tratta di una
manifestazione decisamente troppo esosa per ciò che offre e che negli ultimi
tempi ha anche perso molta della sua validità di luogo utile per accrescere la
propria conoscenza enologica visto che i banchi non sono più gestiti dalle
singole cantine – quindi da personale competente con cui scambiare informazioni
su uno specifico terroir e progetto aziendale – ma da distributori di vini che
riuniscono numerose e diverse etichette. Il che vuol dire molti più vini da
assaggiare, ma nessuna reale interazione con i produttori e banchi che
affastellano decine di bottiglie di regioni e vitigni diversi senza alcuna
logica che non sia quella del mercato. Non è un caso che dopo una certa ora il
posto – su Lungotevere Diaz – si riempia di giovani stile Ponte Milvio che
sbevazzano oltre misura nei vari lounge senza neanche sapere cosa hanno nel
bicchiere.
Decisamente
più vantaggioso accedere all’area acquistando una cena: numerosi chef di grido
romani e nazionali cucinavano cene da 3-4 portate con vini abbinati. Prezzo 35
euro a persona, incluso l’ingresso alla manifestazione.
Peccato
aver perso l’attimo fuggente della prenotazione della cena, andata subito
esaurita, con Beck e champagne Dom Perignon. Ci siamo rifatti con uno di quegli
chef che tanto non credo andremo mai a vistare in loco e cioè Vissani
(accompagnato da vini Falesco). Che dire? Una mia amica giornalista l’ha
definito gradevole come sentire un gessetto che stride su una lavagna….diciamo
che il suo chef di origine giapponese è bravo e la brigata pure, i piatti
interessanti, ma neanche troppo e lui non si sopporta! Per tre ore non ha
toccato neanche una padella e piuttosto ha arringato con greve supponenza la
folla sui vari misfatti della cucina moderna, degli chef, della politica. Il
senso finale è che nessuno chef è alla sua altezza e che noi consumatori non
capiamo nulla di materie prime. Questo per essere concisi. Ma l'anatra era buona ed anche il raviolo con gambero immerso in zuppetta d lenticchie non era male. I vini Falesco sono
corretti e piacioni come si impone ad una grande azienda.
Dopo
Vinoforum c’è stata per la prima volta un’appendice di tre giorni intitolata
Birraforum, ma ho desistito.
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